Nel nome del signore nostro Gesù Cristo, amen. Nell’anno dalla nascita il Signore 1373, regnante la nostra maestà serenissima donna Giovanna, per grazia di Dio regina di Gerusalemme e di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua, contessa di Provenza, nel trentunesimo anno del suo felice regno, nel giorno sedici di giugno, undicesimo dell’indizione, in Sepino.
Noi, Tommaso di Giovanni Ingastro del castello di Sepino, giudice illetterato annuale del suddetto castello, Nicola di Pietro Simone di Sepino, pubblico notaio del Regno per decreto della regina, e i sottoscritti e segnati testimoni del suddetto castello convocati espressamente per questo, con questo scritto pubblico rendiamo noto ed attestiamo che, costituitisi alla nostra presenza il venerabile abate Simone ed altri ecclesiastici del castello di Sepino, nella diocesi di Boiano, dichiararono di fronte a noi che ad essi era stato di nuovo ingiunto, da parte del reverendo don Giacomo de Campse, dottore in diritto e priore dell’abbazia di Notre-Dame des Dunes, nella diocesi di Thérouanne, uditore dei conti della Camera apostolica e di tutti i pagamenti fatti dagli abati, priori, chierici ed altro personale ecclesiastico del Regno di Sicilia, di presentarsi entro un termine stabilito nella missiva davanti al suddetto don Giacomo, per dimostrare e spiegare nel dettaglio tutti i singoli pagamenti fatti dalla sua arcipretura e dal clero sepinese, sia per quanto riguarda le decime triennali che le altre rendite imposte al tempo di papa Innocenze VI, mediante l’esibizione di documenti e delle specifiche ricevute. E l’arciprete e i chierici, desiderando obbedire agli ordini di don Giacomo, e temendo di poter perdere le ricevute originali nel caso di aggressioni durante il viaggio, hanno richiesto ufficialmente a noi di trascrivere, autenticare e redigere in forma giuridica le suddette ricevute. E poiché il nostro ufficio è pubblico, e non possiamo rifiuta¬re a nessuno i nostri servigi […] presentarono a noi le suddette ricevute. E noi le abbiamo viste, lette e controllate attentamente, e le abbiamo trascritte per essere inviate a don Giacomo. Il contenuto di queste ricevute era il seguente: [Contenuto delle ricevute: cfr. docc. 55-60, 66-74 e 76-77]
E rendiamo testimonianza e conferiamo certezza al predetto don Giacomo ed al suo uffi¬cio, ed al predetto arciprete ed ai suoi chierici, o a quanti il fato potrà interessare, che la presente trascrizione è stata effettuata su richiesta del predetto arciprete per mano mia, pubblico notaio soprannominato, sottoscritta col mio sigillo, col segno di croce del suddetto giudice e confermato dalle sottoscrizioni e dai segni di testimoni. Il tutto redassi io, notaio Nicola, ed ho segnato col mio sigillo consueto. In precedenza, al sesto rigo, numerando dall’inizio, dove si legge “abate Simone”, è stato omesso “arciprete di Sepino” non per volontà, ma per errore di me sottoscritto notaio; va quindi tenuto per autentico.
+ Segno della croce di propria mano del suddetto giudice illetterato e analfabeta, per il quale io notaio feci la sottoscrizione.
+ Segno della croce di propria mano di don Pietro di Giovanni di Vito di Castelvecchio, che fui presente e mi sottoscrissi.
Io Nicola, detto Maccarone, di Sepino, attesto tutto quanto sopra.
+ Segno della croce di propria mano di Nicola di maestro Tommaso di Sepino, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di Nicola di Guglielmo Nicoli, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di Giacomo Maniarape, di Sepino, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di frate Giovanni, priore di Santa Croce di Sepino, testimone illetterato e analfabeta.