Nel nome del signore nostro Gesù Cristo, amen. Nell’anno dalla nascita del Signore 1429, il giorno 21 di novembre, ottavo anno dell’indizione, regnante la nostra maestà serenissima donna Giovanna seconda, per grazia di Dio regina d’Ungheria, di Gerusalemme e di Sicilia, di Dalmazia, di Croazia, di Serbia, di Galizia, di Romania e di Bulgaria, contessa di Provenza, nel sedicesimo anno del suo felice regno, il giorno tredici di maggio, nono anno dell’indizione, in Sepino. Noi, Nicola di Pietro Roberti, giudice illetterato del castello di Sepino, Nicola di Paolo de Spinetis, cittadino di Boiano, notaio pubblico per nomina regia per tutto il Regno di Sicilia, ed i testimoni letterati don Giovanni Coscini, il suddiacono Nicola di Giovanni Rizzi, e gli illetterati Onofrio di Nicola Cristofori, Pietro di Nicola di Pietro Mattei, Nicola di Giovanni Goti, Giovanni di Vito, Pietro di Vito e Angelo Cittì di Russo, del territorio di Sepino, che sono stati espressamente chiamati perché intervenissero alla stesura di questo documento, col presente pubblico scritto rendiamo noto che il predetto giorno si è costituito in nostra presenza il venerabile abate Giovanni, rettore del mona¬stero della Santa Croce di Sepino ed amministratore di tutti i suoi beni, e che lo stesso abate Giovanni ha asserito di fronte a noi di possedere con diritto perfetto, in qualità di ammini¬stratore e in nome del predetto monastero di Santa Croce, un pezzo di terra chiamato Vicenda, sita nelle pertinenze e nel territorio di Sepino, nel luogo detto Forma Sancte Crucis, presso la pubblica via, vicino al ponte di Giannattario, vicino alla terra della chiesa di Santa Cristina e ad altri confini; e un’altra terra sita nel medesimo territorio, nel luogo detto Casile, al di là del Tappone, vicino alla palude di Biagio Trentacapelli, vicino alla terra dell’ospe¬dale di Santa Cristina e a quella di Pietro Sansone. E l’abate Giovanni ha deciso, non costret¬to con la forza o dolo, ma per sua libera e spontanea volontà, con l’autorità di amministra¬tore ed in nome del predetto monastero, dopo essersi consultato con numerosi uomini probi e devoti che partecipano all’amministrazione della detta chiesa, tenendo presente l’interven¬to di Manenzio di Sepino, che ha effettuato alcune spese per la riparazione della chiesa di Santa Croce, e che ha inoltre offerto all’Ordine di San Benedetto suo figlio Angelo, ed avendo rispetto della povertà del suddetto Manenzio, di concedere questi pezzi di terra, confinanti come detto e con tutte le loro pertinenze, in enfiteusi, vita naturai durante, per il canone di mezza libra di cera da corrispondere alla festa di Sant’Angelo nel mese di settembre. Se il predetto Manenzio dovesse cessare dal corrispondere la prestazione per due mesi dopo la detta festività, decadrà immediatamente dalla concessione con ogni miglioramento ed incremento che si sarà verificato. E così ha ammesso il predetto Manenzio al possesso dei detti pezzi di terra mediante un bastone, affermando di tenere egli stesso il possesso delle terre in nome di Manenzio, fino a fino a che questi non ne avesse preso fisicamente possesso; tutto quanto è in questo documento contenuto e sottoscritto è sotto riserva dell’accetta¬zione del reverendo padre don Pietro, per grazia di Dio vescovo di Boiano. Si è obbligato anche il suddetto abate Giovanni, in qualità di amministratore e in nome della detta chiesa, ed in nome anche dei suoi successori, di non procedere mai in giudizio contro la predetta locazione a Manenzio, fatto salvo il caso di mancata corresponsione del canone di fitto. E ha rinunciato il suddetto abate Giovanni, amministratore del suddetto monastero, ad intervenire volontariamente con eccezioni di frode, di delitto o di violenza, e ad intervenire, sia lui stesso che i suoi successori, in qualunque modo contro la predetta concessione, nemmeno concedendolo in qualche modo il diritto canonico e civile, consuetudinario o longobardo. E per conferire maggiore validità a tutto quanto qui detto, il predetto abate Giovanni, toccando le Sacre Scritture, ha prestato debito giuramento sul santo Vangelo. Perciò, a futura memoria dell’atto e per cautela sia del monastero che di Manenzio, vengono redatti i presenti documenti per la mano di me notaio, del supradetto giudice illetterato e dei sopradetti testimoni letterati che si sottoscrivono, ed illetterati che pongono il segni di croce. Redatto come sopra, nell’anno, giorno, mese ed indizione predetti. + Segno della croce di propria mano di Nicola, giudice illetterato e analfabeta, per il quale
io notaio feci la sottoscrizione.
+ Noi, come sopra, Pietro, per grazia di Dio e della Sede apostolica vescovo di Boiano, accettiamo ed offriamo il nostro assenso.
Io come sopra, suddiacono Nicola, attesto tutto quanto soprascritto.
+ Segno della croce di propria mano di me, come sopra, Onofrio di Nicola Cristofori, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di me, come sopra, Pietro di Nicola di Pietro Mattei, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di me, come sopra, Giovanni di Vito, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di me, come sopra, Pietro di Vito, testimone illetterato e analfabeta.
+ Segno della croce di propria mano di me, come sopra, Angelo Citti di Russo, analfabeta.